A trent’anni esatti dalla scomparsa avvenuta per SIDA, l’autarchico acronimo francese, il 25 giugno del 1984, Michel Foucault è pienamente nel secolo, ovvero nell’opinione comune. Il suo magistero caleidoscopico ed erudito ha sedotto frotte di studiosi, in particolare quelli che hanno risciacquato i panni nella Senna e oggi li stendono al sole dell’Italian theory. E certo la sua riflessione sul potere, sulla sessualità, sul sé, sulla follia, ha fornito un abbecedario teoretico a tutti coloro che hanno pensato di fare i conti col dominio e con la resistenza. Ma Foucault è così utile in proposito, dal momento che la spirale generatrice del potere non è più, per il teorico francese, un’architettura dispotica, ma una filiazione abissale, un vortice e una strofa senza origine? Formulo questa domanda con le parole iniziali del saggio ustorio che nel 1977 Jean Baudrillard intitolò Dimenticare Foucault (tradotto da Cappelli all’epoca e ripubblicato meritoriamente da PGreco…
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